Santa Lucia a Corato è uno dei migliori produttori del Castel del Monte. Il Nero di Troia di Roberto Perrone Capano, sempre fitto, pieno di carattere e tannico, è un ottimo esempio di cosa può produrre la varietà sui terreni di questa denominazione.
Ma prima di andare a trovare Roberto faccio una piccola deviazione per il famoso castello. Il Castel del Monte ad Andria, vicino a Corato, è solamente uno dei 287 monumenti costruiti da Federico II nel regno Svevo-Normanno. Fece costruire questo imponente castello ottagonale nella metà del tredicesimo secolo ma sembra che non sia mai stato completato. Ancora oggi, questo imponente edificio all’interno è completamente vuoto.
All´inizio del tredicesimo secolo lo Svevo Federico II, futuro imperatore del Sacro Romano Impero, a quattro anni si trasferì, orfano di entrambi i genitori, da Jesi (nelle Marche) a Palermo, dove fu istruito ed educato da un insegnante arabo. Padroneggiava più lingue, era un uomo di cultura e di grande intelligenza, promuoveva letteratura e scienze, e fondò nel 1224, l’università di Napoli che ancora oggi porta il suo nome. Federico II passò 28 dei suoi 39 anni da Reggente dell’Impero romano in Italia.

Trullo a Corato (Castel del Monte). Una volta questi piccoli trulli servivano ai contadini per proteggere dal freddo e dal sole durante il lavoro nei campi.
Attraverso vasti oliveti, e con i miei pensieri questo Reggente tedesco il cui amore per l’Italia era così grande tanto che viene ancora oggi adorato dagli Italiani, soprattutto nel Sud. È questa la patria della grande varietà pugliese “Coratina” che ancora resta a nord delle zone colpite dalla Xylella.
Passo delle piccole case imbiancate, con attrezzatura agricola e orticelli, tutte circondate di muretti bassi costruiti a secco con sassi bianchi, e il mio sguardo cade qua e là su piccole particelle ben curate di vigneti con piante ad alberello. Poco dopo passo il cancello della tenuta Santa Lucia.
Roberto è pendolare, lavora qui come viticoltore e a Napoli come professionista. Ogni dieci giorni attraversa l’Appennino. 20 anni fa, quando venni per la prima volta a Santa Lucia, mi ricevette suo padre Giuseppe “l’avvocato” come tutti lo chiamavano. Anche lui pendolare fra Napoli e Corato. La famiglia Perrone Capano è molto legata alla tenuta Santa Lucia, da secoli in loro possesso. Durante la guerra fuggirono da Napoli e qui trovarono protezione, da quei tempi era diventata abitudine trascorrere l’autunno qui con tutta la famiglia.
L’avvocato aveva in centro Corato uno studio aperto in questi mesi d’autunno, tutti potevano venire a chiedere consigli. Chi non aveva soldi non pagava, ma ogni tanto chiedeva una contropartita ai vari artigiani. Roberto: «Ma in quel caso, se chiamati in azienda, dovevano accorrere subito. Mio padre era un bon vivant ed era molto generoso ma anche molto esigente. Era di ottimo carattere ma anche un conoscitore profondo della natura umana. Ai suoi dipendenti diceva solamente: “rubate poco, che io non me ne accorga”.»
Dal 1988, quando tornò dai giochi olimpici in Corea del Sud, Roberto – velista sin dalla più giovane età – si occupa di Santa Lucia. Fino al 2001 insieme col padre, poi come unico responsabile.
Del vino che deriva dai suoi quindici ettari vengono imbottigliate solamente 50.000 bottiglie. Tutto ciò che supera il 50% della pressatura soffice, viene venduto sfuso, in piccoli fusti, sul luogo di produzione alla clientela locale. La vendita diretta perciò è importante, non solamente la vendita in bottiglia per gli amanti del vino, anche il vino sfuso per la clientela nativa. «Anche così la nostra azienda è economicamente in equilibrio. Ma con questa produzione non me lo potrei permettere di vivere del tutto qui» mi spiega Roberto in merito al suo pendolare fra ufficio e tenuta.
Nel 1971 il Castel del Monte ricevette la sua denominazione di origine controllata. Prima che la denominazione negli anni seguenti fosse stata allargata, per Castel del Monte si intendeva un vino della varietà Uva di Troia con un massimo di 35% di altre varietà (Bombino Nero, Montepulciano o Sangiovese). È buffo che la varietà allora si chiamava ancora “Uva” di Troia, cioè non “Nero” e nel disciplinare di produzione non si parlava dell’Aglianico.
L´attuale DOCG permette nel nome Castel del Monte Rosso di imbottigliare Aglianico come anche Montepulciano in purezza. Roberto: «In questa regione è autoctono il Nero di Troia, l’Aglianico viene dal Vulture nella Basilicata. Il Montepulciano c’è sempre stato qui, ma risultano vini piuttosto semplici. Non penso in modo commerciale altrimenti dovrei dimostrare al mondo che anche Chardonnay, Cabernet e Merlot qui danno vita a vini notevoli. Ma io preferisco fare dei vini convincenti con le varietà nostre». I buoni Nero di Troia sono decisamente vini da invecchiamento, le bottiglie di dieci anni e oltre oggi sono fantastiche, cosa che, dopo aver degustato dei Nero di Troia invecchiati della tenuta, confermo volentieri.
Roberto: «In passato il vino non è mai stato imbottigliato, soprattutto il Nero di Troia era troppo duro per i consumatori del nord Italia ed Europa, però era apprezzato come vino da taglio poiché apportava colore, alcool, tannini e acidità. Ma con l’introduzione delle denominazioni controllate il mercato dei vini da taglio è crollato, i Pugliesi dovevano commercializzare il loro vino da soli. A questo scopo negli anni settanta è stato creato un gran numero di DOC pugliesi che però, a parte pochissime eccezioni, non sono mai state colte dai mercati».
Il contenuto tannico del Nero di Troia Castel del Monte è notevole, soprattutto quello di Santa Lucia. A voler sapere il perché Roberto mi chiede: «Quanto tempo credi che lasciamo il vino macerare sulle bucce?» Visto il colore e i tannini do una stima di quattordici giorni. Roberto: «Tre giorni». In sole 72 ore quest’uva rilascia una tale quantità di polifenoli! Una cosa sorprendente, anche sapendo che a Santa Lucia si lavora con dei rotovinificatori (fermentatori orizzontali che ruotano), cosa che comporta un’estrazione veloce.I terreni di Santa Lucia sono calcarei, e passeggiando per i vigneti con un po’ di fortuna si trovano dei fossili marini. Le viti sono piantate in maniera densa, 6.000 piante per ettaro, per far sì che le radici vadano in profondità. Come quasi dappertutto in Puglia l’acqua è merce rara. Roberto: «In Puglia non si poteva mai contare sulle precipitazioni. Non piove quasi mai. È sempre stato così. Si dice che le case qui fossero rosse, perché il cemento era impastato col vino al posto della preziosa acqua. La nostra acqua potabile veniva dall’Irpinia in Campania. Ma a 300 metri di profondità sotto il livello del mare c’è un strato di roccia impermeabile con una grande riserva d’acqua. Bisogna solamente pomparla in superficie. Il nostro pozzo è profondo 600 metri, in quanto qui siamo a 250 metri sopra il livello del mare. Senza irrigazione non c’è niente che sopravvive bene d’estate, né olivi né viti». E molto piacevole chiacchierare con Roberto che irradia tanta serenità, ma devo proseguire. Per un ultimo caffè ci spostiamo a Corato. In tutto il sud una sosta presso un caffè-bar è sempre una cosa gradita, in quanto un barista eccelle nel suo orgoglio professionale. Il caffè dev’essere perfetto, estratto a regola d’arte. E si capisce da sé che bisogna chiedere un bicchiere d’acqua, è un dato di fatto. Un caffè forte e aromatico, un abbraccio amichevole, arrivederci Castel del Monte, arrivederci Roberto.
Autore: Ändreas März
Traduttrice: Suzanne Krehan